L’Intelligenza Artificiale sta già trasformando il modo di lavorare, di prendere decisioni, di vivere la quotidianità delle persone. Quello che è certo è che, in breve tempo, l’IA avrà un forte impatto sul mercato del lavoro: se da un lato alcune attività saranno automatizzate, dall’altro emergono nuove professioni legate proprio allo sviluppo e alla gestione della tecnologia. In questo scenario, il futuro del lavoro non sarà determinato solo da una sostituzione, quanto piuttosto dall’integrazione tra attività umane e delle macchine e, soprattutto, da una forte evoluzione delle competenze.
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L’impatto dell’AI sull’occupazione italiana e sul lavoro: i dati della ricerca Randstad
Un recente studio di Randstad Research per Fondazione Randstad AI & Humanities ha quantificato l’impatto dell’IA sui lavoratori italiani, applicando alla forza lavoro tre indici scientifici che individuano tre effetti dell’introduzione delle tecnologie digitali nelle attività lavorative:
- l’indice di esposizione all’automazione di Osborne e Frey, che misura gli effetti dell’automazione nella sostituzione degli aspetti non cognitivi e ripetitivi delle mansioni;
- l’indice di esposizione all’IA di Felten, Raj e Seamans, che misura l’esposizione di una professione all’intelligenza artificiale su mansioni non ripetitive e cognitive;
- l’indice di esposizione al Machine Learning di Brynjolfosson Mitchell, che misura quanto questa tecnologia completi i compiti in maniera uguale o più efficiente a quella umana.
Non scompariranno i lavori, ma cambieranno le competenze
Ne emerge che tutte le occupazioni in Italia, sia quelle poco sia quelle molto qualificate, saranno impattate dall’Intelligenza Artificiale, che sostituirà singoli task svolti o si integrerà in modo complementare dei profili, comportando una successiva evoluzione delle competenze. Circa 10 milioni di lavoratori risultano oggi “altamente esposti” agli effetti dell’AI in Italia, ma nessuno può dirsi escluso dalla trasformazione in atto. Che cosa significa? Che l’Intelligenza Artificiale non porta alla scomparsa dei lavori. La maggior parte delle professioni sopravviveranno, alcune nuove nasceranno, ma la vera rivoluzione per tutti sarà nelle competenze richieste per svolgerle.
Upskilling e reskilling: la vera urgenza per affrontare la transizione con l’AI del lavoro
Più che di essere sostituiti, i lavoratori devono preoccuparsi di imparare a lavorare con l’IA, perché l’integrazione nei contesti lavorativi impone una radicale trasformazione nelle skill richieste. La questione chiave oggi è garantire una transizione equa verso il nuovo paradigma, attraverso una forte riqualificazione delle competenze.
La grande sfida, insomma, è quella dell’upskilling e reskilling dei lavoratori. Tutt’altro che semplice, anzi, si tratta di una sfida epocale. È necessario uno grande sforzo di formazione dei talenti e di aggiornamento dei sistemi educativi, che consenta alle persone di utilizzare adeguatamente le nuove tecnologie. Serve una forte alfabetizzazione digitale per tutti, abbinata all’acquisizione di competenze tecniche avanzate, come quelle di programmazione, analisi dei dati e gestione dei sistemi di IA. Ma ancora non basta. Proprio l’automazione di compiti di routine da parte dell’Intelligenza Artificiale richiede lo sviluppo di capacità umane difficilmente replicabili dalle macchine, come creatività, pensiero critico e l’intelligenza emotiva.
Digitali, tecniche e umane, le competenze del futuro tra STEM e humanities: servono percorsi formativi interdisciplinari
Nei percorsi educativi, di formazione professionale e di aggiornamento continuo è necessario integrare allo sviluppo delle competenze STEM quelle umanistiche (studi filosofici, psicologici, sociali e storici), fondamentali per la comprensione del contesto e delle conseguenze morali, sociali e etiche dell’uso dell’AI. Serve portare ‘la filosofia agli ingegneri e l’ingegneria ai filosofi’, come si propone la Fondazione Randstad AI & Humanities, che studia e promuove il contributo delle scienze umanistiche per lo sviluppo, utilizzo e integrazione dell’AI nel lavoro.
L’AI come leva per amplificare le capacità umane
In questo senso, proprio per sfruttare al meglio le opportunità dell’AI, per superarne i limiti attuali e per rispondere alle sfide etiche e di utilizzo responsabile che pone a tutti, bisogna promuovere un dialogo interdisciplinare che arricchisca sia il campo tecnico-scientifico che quello umanistico. Serve guardare l’AI anche attraverso la lente degli studi filosofici, psicologici, sociali e storici, cruciali per comprendere le conseguenze morali, sociali e etiche di ogni decisione presa con l’ausilio delle macchine, promuovendo approcci multidisciplinari e l’interazione tra le persone.
Se agiremo in questa prospettiva, si apriranno grandi opportunità all’orizzonte, tanto da essere difficili anche da mettere a fuoco. L’IA può consentire anche a persone con un livello di istruzione non elitario di accedere e processare grandi moli di informazioni fino ad oggi appannaggio di pochi “esperti”. E, visto che l’IA è superiore all’uomo soprattutto nelle attività cognitive routinarie, può aumentare il valore di capacità intrinsecamente umane come analisi critica, decisione, supervisione e interazione, che possono essere esaltate dall’IA e oggi rese disponibili a un numero di lavoratori più vasto.
Bisogna considerare, poi, il ruolo dell’AI stessa nell’accrescimento delle competenze. Con strumenti tecnologici di semplificazione, adattamento e personalizzazione della formazione, è in grado di migliorare l’apprendimento, ma allo stesso tempo pone nuove sfide sulla capacità di distinguere tra informazione e manipolazione. L’IA, poi, sta rivoluzionando il metodo scientifico, accelerando scoperte che aprono opportunità straordinarie in tanti ambiti, per chi sarà in grado di coglierle.
Molto nel futuro dell’Intelligenza Artificiale dipenderà dalle scelte umane. La sfida è costruire un ecosistema in cui la tecnologia sia alleata della creatività e della capacità decisionale dell’uomo. Gran parte di questa sfida passa dall’educazione e dalla formazione, in cui l’approccio interdisciplinare si pone come condizione essenziale per affrontare la trasformazione in modo critico e consapevole. Per garantire che il futuro dell’IA e quello del lavoro sia guidato anche da valori umanistici.