Nonostante i progressi normativi, il divario retributivo di genere nell’Unione Europea resta significativo. Per contrastarlo, l‘Unione Europea ha approvato una Direttiva – la numero 2023/970 – che introduce una serie di obblighi volti a rafforzare la trasparenza salariale e garantire la parità retributiva tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per lavori di pari valore.
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Il principio della parità retributiva: fondamento giuridico e novità legislative
Il principio cardine della Direttiva è il diritto alla parità di retribuzione, sancito dall’articolo 157 del Trattato sul funzionamento dell’UE. Gli Stati membri dovranno recepire la Direttiva entro il 7 giugno 2026, ma le aziende devono da subito attivarsi per adattare i propri sistemi retributivi e organizzativi.
Tra gli obblighi principali rientra l’adozione di criteri oggettivi, neutri rispetto al genere, per definire le retribuzioni e valutarne l’equità. Le aziende dovranno essere in grado di dimostrare che ruoli diversi possono essere considerati di pari valore attraverso parametri come competenze, responsabilità e condizioni di lavoro. I sistemi retributivi e di classificazione professionale dovranno essere rivisti per evitare bias impliciti o distorsioni storiche.
Accesso alle informazioni e fine del segreto salariale
La Direttiva introduce inoltre il diritto per i lavoratori di conoscere i criteri che regolano le retribuzioni e di accedere a dati disaggregati per sesso. È vietato imporre il segreto salariale: i dipendenti devono essere liberi di condividere informazioni sulla propria retribuzione per far valere eventuali diritti. Le aziende con oltre 250 dipendenti dovranno pubblicare periodicamente report sul gender pay gap e, in caso di differenze superiori al 5% non giustificate, avviare una valutazione congiunta con i rappresentanti dei lavoratori.
Selezione e crescita: regole più eque sin dall’ingresso
Novità importanti riguardano anche il processo di selezione: i datori di lavoro saranno tenuti a indicare il range salariale delle posizioni aperte e non potranno più chiedere ai candidati informazioni sulle retribuzioni precedenti, eliminando così una pratica che ha contribuito a perpetuare le disuguaglianze.
Procedure interne e formazione HR: leve strategiche per la parità retributiva
Sul piano operativo, le imprese dovranno adottare procedure interne per gestire le richieste di accesso alle informazioni retributive e definire standard trasparenti per aumenti, promozioni e avanzamenti di carriera. Una formazione mirata per i responsabili HR sarà essenziale per garantire che la cultura aziendale evolva verso un approccio equo e inclusivo.
Gender pay gap: uno sguardo ai dati
Secondo l’ultima rilevazione di Eurostat, il divario retributivo di genere medio nell’UE si attesta intorno al 12,7%, con forti disparità tra Paesi. In Italia, il dato è apparentemente più basso (circa il 5%), ma questo riflette più una scarsa partecipazione femminile a ruoli apicali e a settori ad alta retribuzione che una reale equità salariale. Il rischio, infatti, è che le donne siano sovrarappresentate in posizioni a bassa qualificazione e sottorappresentate nelle posizioni dirigenziali.
Cambiamento culturale e vantaggio competitivo
In generale, quello che si dovrebbe comprendere è che l’introduzione di un sistema salariale trasparente non è solo una questione di compliance normativa, ma rappresenta anche un passaggio strategico verso modelli organizzativi moderni e inclusivi.
Le aziende che adottano policy trasparenti e strumenti di people analytics evoluti riescono a costruire ambienti di lavoro più equi, attrarre talenti e aumentare l’engagement dei dipendenti.
Inoltre, numerosi studi hanno dimostrato come la parità di genere nei ruoli decisionali migliori le performance aziendali e la capacità di innovazione. Per questo motivo, anticipare l’adeguamento alla Direttiva può offrire un vantaggio competitivo concreto.
Il tempo dell’azione: trasformare gli obblighi per garantire la parità retributiva in opportunità
Una sfida non da poco, che richiede una lunga preparazione: le aziende dovranno quindi, muoversi ora, senza attendere che la Direttiva venga recepita.
Anche perché le sanzioni per il mancato rispetto della Direttiva possono essere rilevanti, sia in termini economici sia reputazionali. Tuttavia, un’adeguata preparazione può trasformare l’obbligo normativo in un’opportunità per valorizzare il capitale umano, attrarre talenti e rafforzare il posizionamento aziendale come datore di lavoro responsabile.